Luce rigenerativa: ecco come progettare l’illuminazione per il benessere psicofisico

Olevlight Lighting Design

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La Dott.ssa Rita Berto e il Dott. Giuseppe Barbiero, entrambi coinvolti insieme a OLEV nel progetto Biosphera, spiegano come si progetta l’illuminazione che favorisce il benessere delle persone.

Noi esseri umani siamo molto sensibili alle caratteristiche dell’ambiente fisico, ed è proprio a partire da quelle caratteristiche che cominciano i ragionamenti (più o meno consapevoli) che orientano il nostro comportamento.

La luce è una caratteristica del contesto che può alterare la percezione del colore degli elementi presenti al suo interno, e i colori possono influenzare i nostri comportamenti.

Berreste del latte che appare rosso o un’aranciata blu? E quante volte siete apparsi pallidi soltanto perchè eravate sotto la luce sbagliata?

La color rendition cioè la capacità di una fonte luminosa di riprodurre fedelmente il colore degli oggetti come farebbe la luce naturale, è fondamentale perché il riconoscimento di queste caratteristiche ha valore adattativo per noi esseri umani, cioè si è rivelato un meccanismo utile alla sopravvivenza nel corso della nostra storia evoluzionistica.

L’impatto della color rendition sulla prestazione e la soddisfazione lavorativa non è ancora chiaro.

In questo caso è probabile che l’effetto non sia diretto come per la percezione della bontà di alimenti e bevande, ma indiretto, cioè che agisca sull’umore.

In pratica gli effetti della luce, in particolare calda vs. fredda, funzionerebbero da mood inducer, cioè favorirebbero un certo tono dell’umore (proprio come come accade per il sole) e di conseguenza la prestazione lavorativa.

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Questo è particolarmente vero per le donne, che sono molto più sensibili degli uomini alle condizioni ambientali che favoriscono l’umore positivo (quindi le tonalità calde della luce).

La progettazione della luce è sicuramente un argomento più complesso di quanto possa sembrare a prima vista, perché a differenza degli altri elementi presenti in un ambiente interno, la luce artificiale si alterna e si modifica in rapporto alla luce naturale proveniente dalle finestre e ai materiali presenti nell’ambiente.

Illuminare un ambiente non è più sufficiente. La luce va studiata non soltanto rispetto al compito da svolgere, ma anche rispetto alle esigenze rigenerative dell’individuo e a questo proposito deve ricordare il più possibile la luce naturale.

Il nostro orologio biologico ha bisogno degli indizi luminosi giusti per un buon funzionamento e questo significa ricevere la quantità di luce fisiologicamente necessaria nel corso della giornata. Ma non è solo una questione di quantità, è anche una questione di intensità.

Ambienti illuminati al massimo non solo non garantiscono una buona visione, ma hanno anche un effetto stressogeno sull’organismo.

Un ambiente ben illuminato è progettato sulle caratteristiche del sistema visivo, sulle caratteristiche della luce e dei materiali/superfici presenti nell’ambiente.

Ma non deve trascurare il ruolo della visione periferica e il significato funzionale che rivestono le ombre.

L’ambiente in cui si è evoluto l’essere umano richiedeva di essere ispezionato tutto intorno; illuminare ambienti, oggetti e superfici in maniera puntuale, cioè favorendo esclusivamente la visione foveale, non rispecchia le condizioni in cui si è sviluppata la visione umana.

Soprattutto non favorisce quel tipo di visione “esplorativa” che ha accompagnato i nostri antenati nel processo di conoscenza dell’ambiente naturale.

Anche nell’ambiente interno va favorita la visione periferica attraverso un’illuminazione che vari di intensità nei diversi punti dell’ambiente.

È proprio la visione periferica che crea “la sensazione di ambiente” dando la giusta profondità agli spazi, mettendo in evidenza le proporzioni degli elementi presenti nell’ambiente, creando interesse verso oggetti e materiali attraverso giochi di ombre e/o riflessi.

Tutti questi indizi percettivi sono necessari all’essere umano per mettere in atto comportamenti finalizzati e per vivere una sensazione di here-ness, cioè  di identità con il luogo.

OLEV_luce_per_il_benessereDa qui deriva la necessità di nuove forme di illuminazione che non rispondano più soltanto all’esigenza di fare luce, ma che assecondino il legame biofilico Uomo-Natura e il bisogno di rigenerazione dell’individuo.

Noi non ne siamo consapevoli, ma la risposta di preferenza che manifestiamo nei confronti degli ambienti interni è orientata proprio dal legame biofilico Uomo-Natura e dal nostro bisogno di rigenerazione psicofisiologica.

La biofilia è l’innata attrazione che noi esseri umani abbiamo per la Natura e per tutte le forme che la ricordano.

In pratica quando entriamo in contatto con un qualsiasi ambiente (inconsapevolmente) ci mettiamo subito alla ricerca delle caratteristiche dell’ambiente naturale che ci ha ospitato come specie; più ne ha e più ci piace.

Inoltre il quadro di riferimento cognitivo che orienta la nostra preferenza per gli ambienti interni è la percezione di rigenerazione, ovvero quanto benessere in termini di rigenerazione dalla fatica mentale (attivazione dell’attenzione involontaria) e dallo stress psicofisiologico (attivazione del sistema nervoso parasimpatico) ci offre quell’ambiente.

Il benessere psicofisico richiede una luce che vari nel corso della giornata, proprio come cambiano i compiti che svolgiamo parallelamente al nostro livello di attivazione giornaliero.

 

La luce artificiale non può sostituirsi alla luce naturale, ma può essere un ottimo alleato a mantenere e/o favorire il benessere psicofisico se opportunamente progettata secondo i criteri della progettazione biofilica.

La luce deve sostenere il nostro bisogno di comprendere ed esplorare l’ambiente intorno a noi, processi favoriti da caratteristiche dell’ambiente come la coerenza, la complessità, leggibilità e il mistero che possono essere sapientemente esaltate da una corretta illuminazione.

Il comfort visivo, cioè il livello di rigenerazione offerto dalla luce artificiale, è un aspetto spesso trascurato nella progettazione architettonica che ignora l’importanza del legame biofilico Uomo-Natura nella progettazione d’interni.

Quando si percepisce un ambiente, “il tutto non è mai la somma delle singole parti” perché tutti gli elementi ambientali interagiscono fra loro.

La luce è un elemento chiave dell’ambiente perchè a differenza degli altri elementi ambientali agisce direttamente sulla componente affettivo-emotiva influenzando la preferenza per l’ambiente stesso e la percezione di rigenerazione immediata che ne abbiamo.

Per questa ragione nella realizzazione di progetti architettonici (residenziali, scolastici, lavorativi, ricreativi, di cura) diventa essenziale valutare attentamente la componente rigenerativa della luce che non va progettata soltanto sul compito, sullo stile architettonico, sul design dell’arredo, ma sul legame biofilico Uomo-Natura.

In tal modo, progettare la luce di un ambiente diventa una questione di salute, perché influisce direttamente sul benessere psicofisico dell’individuo.

Rita Berto e Giuseppe Barbiero sono autori del Biophilic Quality Index (BQI, Indicatore di Qualità Biofilica; Berto e Barbiero, 2017) strumento rivolto ad architetti e progettisti che consente di valutare quanto un progetto è biofilico/rigenerativo. Una sezione del loro strumento è dedicata alla luce.


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